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Archivio mensile Aprile 28, 2024

Uso di cannabis e problemi di erezione

La disfunzione erettile (DE) è il disturbo sessuale maschile più comune ed esistono meccanismi plausibili che collegano l’uso della cannabis alla DE. I dati emersi da diversi studi suggeriscono che la DE sia il doppio nelle persone che usano cannabis rispetto a chi non la usa. 

Si evidenzia cioè una maggiore prevalenza di DE nei consumatori di cannabis (oltre i due terzi) con un rapporto di probabilità quattro volte maggiore di DE nei consumatori di cannabis rispetto a chi non ne fa uso. Questi risultati sono stati caratterizzati da un’elevata eterogeneità suggerendo che esistono alcune differenze nell’associazione tra uso di cannabis ed DE.

Considerando che le cause della disfunzione erettile possono essere psicologiche, organiche o più comunemente un mix di entrambe, diverse ipotesi possono spiegare questo risultato. Uno dei possibili meccanismi è attribuito al sistema endocannabinoide attraverso il legame dei recettori nel nucleo paraventricolare dell’ipotalamo che regola la funzione erettile e il comportamento sessuale dei maschi.

Questo meccanismo potrebbe anche spiegare perché la cannabis può migliorare la funzione sessuale in alcuni pazienti affetti da condizioni o sintomi come depressione, disturbo d’ansia e dolore.

L’uso di cannabis è associato a un’attività sessuale precoce e più frequente, con partner sessuali multipli e occasionali, un uso contraccettivo non adeguato e diagnosi di infezioni sessualmente trasmissibili.

Ad oggi non sono molti gli studi che hanno analizzato la relazione ma considerando l’elevata prevalenza del consumo di cannabis e i potenziali effetti dannosi sulla salute sessuale e generale degli uomini, è necessario aumentare e migliorare le conoscenze su questo argomento.

Bibliografia:

Pizzol D, Demurtas J, Stubbs B, Soysal P, Mason C, Isik AT, Solmi M, Smith L, Veronese N. Relationship Between Cannabis Use and Erectile Dysfunction: A Systematic Review and Meta-Analysis. Am J Mens Health. 2019 Nov-Dec;13(6

Uso di cannabis e sessualità femminile

Entrambi i cannabinoidi esogeni come il tetraidrocannabinolo (THC) e i cannabinoidi endogeni (endocannabinoidi) hanno dimostrato di influenzare le vie delle gonadotropine femminili e la sessualità femminile. Tuttavia la comprensione dei meccanismi e degli effetti sulla funzione sessuale femminile è limitata.

Non esiste una ricerca approfondita sugli effetti della marijuana sulla funzione sessuale a causa dell’illegalità della droga. In questo articolo si riporta una sintesi degli studi fino ad oggi pubblicati che valutano gli effetti dei cannabinoidi sulla funzione sessuale femminile. 

Alcuni di questi sono stati pubblicati per supportare l’ipotesi che la funzione sessuale femminile è migliorata quando le donne usano marijuana a dosi moderate.

Diversi studi hanno valutato gli effetti della marijuana sul desiderio sessuale e sembra che i cambiamenti nel desiderio possano dipendere dalla dose. Gli studi sostengono che dosi più basse migliorano il desiderio, ma dosi più elevate riducono il desiderio o non influenzano affatto il desiderio. 

Nel valutare il piacere sessuale, la maggior parte degli studi mostra che la marijuana ha un effetto positivo. L’uso della marijuana nel sesso è stato anche associato al prolungamento dell’orgasmo o al miglioramento della qualità dell’orgasmo

Non si esclude un  miglioramento della lubrificazione vaginale, con un effetto sul flusso sanguigno vaginale.

Bibliografia

Lynn BK, Lopez JD, Miller C, et al. The relationship between marijuana use prior to sex and sexual function in women. Sex Med 2020;7:192-197.

 

Immagine: Woman Smoking Marjiuana

Dieta alimentare e salute sessuale maschile

E’ sempre più evidente l’impatto delle diverse diete sulle malattie croniche. E’ in corso oggi un crescente interesse volto a stabilire l’associazione tra le varie diete, la salute e la disfunzione sessuale negli uomini. Quali sono i possibili ruoli che le diete e gli schemi dietetici svolgono nelle disfunzioni sessuali con particolare attenzione alla disfunzione erettile? Un disturbo sessuale che colpisce principalmente gli uomini in età avanzata.

L’obesità negli adulti è aumentata in proporzioni epidemiche negli ultimi decenni e si riscontra una associazione tra questa e una moltitudine di rischi per la salute tra cui l’aumento della mortalità, delle malattie cardiovascolari, del diabete mellito di tipo 2 e di alcuni tumori.

Gli uomini con diagnosi di sindrome metabolica hanno un aumento dei rischi di malattie cardiovascolari, diabete mellito di tipo 2 e mortalità per qualsiasi causa. I cambiamenti dello stile di vita tra cui diete sane e aumento dell’attività fisica sono il pilastro nella prevenzione e nella gestione dell’obesità e della sindrome metabolica.

Poiché esistono prove crescenti a sostegno dell’associazione di obesità e sindrome metabolica con la funzione sessuale maschile come l’ipogonadismo, l’infertilità e la disfunzione erettile, si può asserire con una certa probabilità che i fattori dietetici giochino un ruolo nella funzione sessuale maschile.

DIETE POPOLARI

Dieta occidentale

Una dieta occidentale è generalmente ricca di carni rosse e trasformate, latticini, cereali raffinati, dolci trasformati e artificiali, sale, un consumo minimo di frutta, verdura, pesce e cereali integrali. La dieta occidentale, a causa della sua natura prevalentemente trasformata, è sempre più economica e relativamente facile da reperire a causa dell’industrializzazione e della globalizzazione.

Ci sono sempre più prove che convalidano i danni alla salute della dieta occidentale. L’adesione a una dieta occidentale è stata associata ad un aumento dei rischi di mortalità totale e di malattie multiple tra cui malattie cardiovascolari, obesità, sindrome metabolica, ictus, malattie renali croniche, del colon e della prostata.

Dieta mediterranea

La dieta tipica mediterranea comprende pesce, grassi monoinsaturi dell’olio d’oliva, frutta, verdura, noci, legumi e cereali integrali. Questa dieta ha guadagnato popolarità negli ultimi decenni grazie ai crescenti benefici per la salute dimostrati in diversi studi.

In particolare si evidenzia che l’adesione a questa dieta riduce i rischi di morbilità generale e mortalità per malattia coronarica e ictus, ma anche una minore incidenza di importanti eventi cardiovascolari oltre una minore incidenza di diabete mellito di tipo 2 e di sindrome metabolica.

Inoltre, si evidenzia una minore incidenza globale di cancro, malattie neurodegenerative e diabete. La dieta mediterranea presenta quindi molti vantaggi e non si conoscono, ad oggi, eventuali rischi per la salute legati alla sua adozione.

Dieta Paleolitica

Sebbene la dieta paleolitica, nota anche come dieta Paleo, sia la dieta umana ancestrale dei cacciatori-raccoglitori prima della rivoluzione agricola dell’era moderna, è stata recentemente ripresa grazie a studi che riportano benefici per la salute alla sua adozione.

La dieta consiste nell’assunzione di carni magre, cibi a base vegetale, frutta, noci e verdure e un consumo limitato di latticini, cereali, zucchero e sale. Il suo utilizzo favorisce la riduzione del rischio nella mortalità specifica per tutte le cause e per le malattie cardiovascolari, sindrome metabolica e  adenomi colorettali.

Come per la dieta mediterranea, i benefici per la salute sono chiari con la dieta Paleo, e non si conoscono rischi per la salute ad ad essa associati.

Diete vegetariane e vegane

La dieta vegetariana è caratterizzata dall’assenza di prodotti di origine animale, in particolare carne rossa, con conseguente riduzione del consumo di grassi saturi e colesterolo.

La dieta vegetariana può anche essere sottocategorizzata in pesco-vegetariano (assenza di tutti i prodotti animali eccetto i pesci), latto-ovo-vegetariano (assenza di tutti i prodotti animali tranne uova e latticini), ovo-vegetariano (assenza di tutti i prodotti animali tranne le uova) e vegano (assenza di tutti i prodotti di origine animale).

Una moltitudine di benefici per la salute derivano dal consumo di una dieta vegetariana. La letteratura, descrive una minore mortalità per cardiopatia ischemica e una minore incidenza globale di cancro nei vegetariani rispetto ai non vegetariani.

Studi che hanno esaminato l’effetto della carne rossa, o trasformata, sugli esiti sanitari hanno dimostrato un aumento del rischio di mortalità totale, mortalità per malattie cardiovascolari, mortalità per cancro, diabete mellito di tipo 2 e carcinoma esofageo, gastrico, del colon-retto, della prostata e della vescica.

Poiché i vegetariani evitano il consumo di carne rossa o trasformata, la dieta vegetariana presumibilmente diminuisce i rischi per la salute associati alla carne rossa.

Vegetariani e vegani possono sviluppare carenze di proteine e vitamine (calcio, B12, ferro, acidi grassi u-3), che possono essere prevenute con un attento monitoraggio della loro dieta e integrazione.

Tabella 1

dieta

benefici

rischi

Occidentale

Relativamente conveniente e facile da ottenere Aumenta il rischio di mortalità totale, malattie cardiovascolari, obesità, sindrome metabolica, ictus, malattie renali croniche e carcinoma mammario, del colon e della prostata

Mediterranea

Riduzione del rischio di: mortalità generale, malattie cardiovascolari e coronariche, incidenza globale di cancro, malattie neurodegenerative, diabete e sindrome metabolica Sconosciuti

Paleolitica

(Paleo)

Riduce il rischio di mortalità per tutte le cause e per le cause specifiche di malattie cardiovascolari, sindrome metabolica e adenomi colorettali Sconosciuti

Vegetariana e vegana

Abbassa il rischio di cardiopatia ischemica, diabete e la mortalità per cancro generale, alla mammella, carcinoma esofageo, gastrico, colorettale, prostatico e vescicale Potenziali carenze di proteine e vitamine (calcio, B12, ferro e acidi grassi

 

DIETA E SALUTE DEGLI UOMINI

Dieta e disfunzione erettile

Gli individui con rischi cardiovascolari hanno una maggiore prevalenza di disfunzione erettile e la fisiopatologia di questo problema sembra condividere percorsi con la malattia aterosclerotica.

La dieta ha dimostrato di avere un ruolo importante nella riduzione del rischio di malattie cardiache, quindi è ragionevole presumere che la dieta possa avere un ruolo nella disfunzione erettile.

La relazione tra dieta e disfunzione erettile è stata esaminata in diversi studi i quali hanno associato una maggiore adozione alla dieta mediterranea o ai componenti di una dieta mediterranea (frutta, verdura, noci, e grassi monoinsaturi) a una prevalenza inferiore di disfunzione erettile.

La letteratura attuale suggerisce che la dieta mediterranea migliora la disfunzione erettile a breve termine e riduce il deterioramento della funzione erettile a lungo termine.

Inoltre, la perdita di peso negli uomini in sovrappeso o obesi attraverso cambiamenti nello stile di vita, comprese le diete ipocaloriche, sembra migliorare la loro funzione erettile.

In conclusione gli studi internazionali sembrano dimostrare che gli uomini con stili di vita più sani possono avere un migliore mantenimento della funzione erettile.

Bibliografia

La J., Roberts NH., Yafi FA., Diet and Men’s Sexual Health. Sex Med Rev 2018; 6: 54-68.

Immagine: Cabbage Soup Diet by Lina Scarfi

Non lasciarmi mai, dipendo dal tuo cuore

Quella affettiva è una delle dipendenze meno tangibili: la persona non è dipendente da una macchina, dalla bottiglia o da una droga; dipende da un cuore, da una speranza, da una presenza. Quando l’essere umano amato scompare, il dipendente affettivo si ritrova in piena astinenza e in balia dei flutti: tutto il suo essere è alla deriva, in un’angoscia emotiva che gli fa vivere il martirio.

La persona dipendente non è assolutamente in grado di uscire da una relazione anche se ammette che la relazione stessa è senza speranza, insoddisfacente, umiliante e spesso autodistruttiva. Inoltre, sviluppa una vera e propria sintomatologia come ansia generalizzata, depressione, insonnia, inappetenza, malinconia ed idee ossessive.

La dipendenza affettiva è una modalità relazionale in cui la persona si rivolge continuamente agli altri per essere aiutata, guidata, sostenuta. La persona dipendente, avendo una scarsa fiducia in sé stessa, fonda la propria autostima sulla rassicurazione, sull’approvazione altrui ed è incapace di prendere decisioni senza incoraggiamento esterno. E’ una inclinazione a delegare parti significative della propria personalità ad altri in cambio di una garanzia affettiva e di una rassicurazione.

È una condizione di assoluta dedizione all’altro che determina la progressiva riduzione dei propri spazi d’indipendenza, implica il disinteresse per tutto quanto non riguardi l’oggetto d’amore e la chiusura nel rapporto di coppia. Chi soffre di questa forma di dipendenza vive come pericolo ogni altro rapporto ed è ossessionato dall’idea di perdere il partner.

L’allontanamento temporaneo della persona amata causa un’enorme sofferenza e, in alcuni casi, eccessi di gelosia, che possono sfociare in violenza fisica o verbale, o in episodi depressivi. Chi è affetto da dipendenza affettiva non riesce a cogliere ed a beneficiare dell’amore nella sua profondità ed intimità. Al contrario quello che ricerca è un piacere immediato, l’alleviamento di una tensione o il superamento di un’insicurezza. Una volta raggiunto l’appagamento, esso risulta così tranquillizzante, liberatorio che si ha voglia di rivivere e innescare tutto il percorso. Il partner, i sentimenti e la relazione in sé vengono vissuti come oggetti di piacere immediato.

Chi è la persona con dipendenza affettiva?

La persona con dipendenza affettiva presenta una scarsa autostima e fiducia in sé stessa. Convinta di non meritare di essere amata, vive costantemente nella paura di non piacere, teme la solitudine, accetta di fare qualunque cosa per l’altro anche se questa va contro i suoi valori. Un complesso di inferiorità che induce la persona ad asservirsi e, talvolta, a tollerare l’intollerabile per conservare quel poco d’amore che è riuscita a strappare. Giacché fa fatica a porre dei limiti, nutre una paura viscerale di essere abbandonata. La sua libertà viene delegata a qualcun altro. Si mette sotto la tutela di questo il quale acquisisce un forte potere. Troppo occupata a ricercare fuori di sé ciò che crede di non trovare dentro, la persona si interessa poco a sé stessa fino a negare la propria identità ponendo la responsabilità della propria vita nelle mani di terzi rendendolo spettatore della propria esistenza.

La caratteristica prevalente di queste persone sembra essere una costante sfiducia in sé stessi ed una percezione di una enorme insicurezza personale e sociale. Permettono passivamente che gli altri dirigano quasi completamente la sua vita e non avanzano richieste per timore di compromettere queste relazioni considerate probabilmente protettive, delle vere e proprie ancore di salvezza. Si manifesta inoltre una difficoltà a prendere decisioni importanti; tipica la richiesta di continue ed eccessive rassicurazioni a persone significative. Questa caratteristica non rende le persone dipendenti in grado di prendersi cura di sé stesse senza che sia qualcun altro a farlo. Si considerano inadeguati ed indifesi e, pertanto, si potrebbero percepire come incapaci di affrontare il mondo e la vita con le proprie forze. Ricercano in genere relazioni strette soprattutto con qualcuno che sembra in grado di affrontare la vita, che li protegga e che si prenda cura di loro. Cedono, in altri termini, le proprie responsabilità in cambio di cure. Pur di compiacere l’altro significativo ed evitare il conflitto evitano ogni forma di controversia. Nel caso in cui la relazione dipendente finisse potrebbe esserci una sorta di sentimento di disgregazione con tendenza alla depressione e, l’unica alternativa, sembrerebbe essere trovare quasi immediatamente una sorta di rimpiazzo, una figura affiliativa nuova con cui ristabilire un legame appunto dipendente.

Alle origini della personalità dipendente c’è una famiglia deficitaria

Che si tratti di esperienze di rifiuto nel cortile della scuola, di umiliazioni subite da pari, di un ambiente familiare carente, di esperienze reali o temute di abbandono, è chiaro che il bambino è un essere molto vulnerabile e permeabile a diverse ferite. Forse il modo migliore per arrivare a capire il significato della dipendenza affettiva è riconoscere che in alcuni tipi di famiglia i bisogni emotivi non vengono riconosciuti. Bisogni emotivi che non sono solo il bisogno d’amore e di affetto ma accettazione e convalida delle percezioni e dei sentimenti che non possono essere ignorati.

La dipendenza affettiva deriva da diversi fattori, di cui il principale è un ambiente familiare deficitario. In questo tipo di famiglia, per la maggior parte del tempo, non vi è interazione fra figli e genitori. L’essenziale di ciò che viene trasmesso sono messaggi, verbali e non verbali, negativi. I bambini cresciuti in queste famiglie non acquisiscono un’autonomia affettiva, divengono incapaci di stabilire relazioni interpersonali stimolanti a partire dalle proprie risorse. Da adulti cercheranno l’approvazione e la valorizzazione per fondare la stima di sé, ambiranno a legami affettivi con persone che le ammireranno e gli permetteranno di svelare qualità proprie e risorse nascoste.

I bambini, i cui bisogni d’amore rimangono non riconosciuti, possono adattarsi imparando a limitare le loro aspettative. Questo processo di limitazione può portare al formarsi di pensieri del tipo: “i miei bisogni non contano” o “non sono degno di essere amato”. Da adulti dipenderanno dagli altri per quanto concerne la cura di se stessi e la soluzione dei loro problemi, temono di essere respinti, rifuggono il dolore, non hanno fiducia nelle loro abilità e si giudicheranno persone non degne d’amore. Ricerche condotte sul rapporto tra attaccamento infantile, adulto e dipendenza rilevano la provenienza dei soggetti dipendenti da famiglie con figure parentali iperprotettive o autoritarie il cui clima interno, carico di ansia, trasmette un messaggio di pericolosità e di perdita affettiva al bambino riguardo l’autonomia e l’esplorazione del mondo.

Come uscire dalla dipendenza affettiva

L‘obiettivo del processo terapeutico è rappresentato dall’acquisizione di consapevolezza puntando poi sulla riscoperta, sulla conoscenza di sé, lavorando sui livelli affettivi, sul proprio vissuto, ma soprattutto sul proprio potenziale emotivo. E’ la scoperta di una fragilità che coesiste con una forza in grado di permettere la visione del sé reale e la capacità di poter migliorare la propria vita, riconoscendo le costrizioni subite ed aprendosi a nuove possibilità di scelta. E’ un lavoro di piccoli passi esclusivamente sui propri sentimenti e pensieri per mettere confini tra sé e gli altri. Questo processo guida la persona ad una maggiore comprensione di sé abbandonando un atteggiamento ipercritico e controllante. Aiuta a staccarsi dai modelli ricevuti per aderire nella vita ai propri valori. Infine vi è l’assunzione su se stesso del proprio benessere.

Nel corso della terapia, qualunque sia l’indirizzo teorico, un terapeuta e un paziente dipendente sperimentano sempre l’avvicinamento e l’allontanamento, la sicurezza e l’insicurezza. La capacità di tollerare la mancanza, la delusione, l’abbandono. Il vuoto sarà messo alla prova, ad esempio, da una domanda lasciata senza risposta, da un silenzio pesante e angosciante, dal ritardo di un appuntamento, da un’assenza imprevista, da una seduta finita in modo frustrante, da una stasi difficile da accettare, dal mancato raggiungimento di un obiettivo. Solo così facendo il paziente sarà in grado di lavorare sulla propria capacità di controllare e di dominare le paure, di fidarsi senza lasciarsi andare completamente alla passività, di concedersi di sperimentare delle soluzioni imperfette per evitare impossibili idealizzazioni: in pratica di comportarsi un po’ meno peggio e di non convincersi di stare per annegare perché il mare è un po’ mosso.

Il percorso di guarigione è essenzialmente una via che permette di riprendere il controllo della propria vita. Controllo che possiamo esercitare prendendo coscienza dei propri bisogni e del proprio valore. E il miglior modo per farlo è quello di cambiare il destinatario della nostra generosità. Non si tratta di diventare egoisti ma, al contrario, di dimostrare equilibrio nei confronti di sé stessi e degli altri. Il suo apprendistato principale sarà l’autonomia che si trova all’altra estremità nello spettro della dipendenza affettiva. Dove essere autonomi non significa solo rispondere ai propri bisogni ma essere in grado di percepirli, di rimanere all’ascolto di sé, dei propri pensieri, di ciò che è importante, dei propri principi e di ciò che è veramente motivante. Invece di rimanere paralizzato dalla paura dell’abbandono, il dipendente affettivo dovrà correre dei rischi, osare e agire in prima persona là dove c’è movimento, cambiamento. Sperimentare così nuovi modi di essere, vedrà cose che non conosce, reagirà in maniera diversa e abbandonerà i sentieri battuti. Scegliere l’autonomia significa andare da qualche parte senza aspettare il permesso di qualcuno, significa prendere le proprie decisioni ed avere il coraggio di assumersene le responsabilità. Scegliere, osare, agire, farsi carico. E’ così che si riprende il controllo della propria vita.

Bibliografia

Deetjens M.C., Dire basta alla dipedenza affettiva. Imparare a credere in se stessi. Ed. Il Punto d’Incontro, Vicenza, 2006

Galimberti U., Dizionario di psicologia, Garzanti, Milano, 2006

Ghezzani G., quando l’amore è una schiavitù. Come uscire dalla dipendenza affettiva e raggiungere la maturità psicologica. Franco Angeli, Milano, 2006

Guerreschi C., La dipendenza affettiva. Ma si può anche morire d’amore? Franco Angeli, Milano, 2011

Valcarenghi M., Senza di te io non esisto. Dialogo sulla dipendenza amorosa. Bur Rizzoli, 2009

Immagine: Greatest Love (particolare)

Una relazione non conflittuale genitori-figli riduce il tasso di depressione negli adolescenti

Costruire una relazione edificante genitori-figli permette a questi ultimi di rispondere meglio alle sollecitazioni stressanti nel corso dell’adolescenza e protegge dal rischio di depressione in età adulta. Questa in sintesi la conclusione della ricerca, pubblicata recentemente da Jama Pediatrics, a cura di Ping Chen, ricercatore dell’Università del Nord Carolina.

Lo studio, svolto su oltre 18.000 quindicenni volontari, monitorati fino ai 32-43 anni, sembra mostrare che ricevere attenzione, affetto e comprensione da parte dei genitori, sia una chiave decisiva per superare le difficoltà nella vita.

La mancanza di supporto in tal senso, può indurre invece l’adolescente a sviluppare sentimenti di frustrazione e risentimento intaccando sul nascere la propria autostima e indebolendo la risposta positiva agli stress che l’età adulta riserva.

Va detto che lo studio si basa su quanto i soggetti hanno segnalato personalmente e non documenta dunque, dal punto di vista clinico, l’associazione tra una relazione serena con i genitori e un minor livello di casi di depressione.

Non considera inoltre eventi incorsi nella preadolescenza che a loro volta potrebbero innescare stati depressivi nelle fasi di vita successive. Ci si è accertati tuttavia che i giovani del campione considerato non fossero stati oggetto di abusi sessuali nella preadolescenza.

Laddove le ragazze mostravano maggiore esposizione a stati depressivi durante l’adolescenza, e nel passaggio all’età adulta, nei ragazzi ciò accadeva tra i 30 e i 40 anni. Ad ogni modo relazioni positive con i genitori sono state chiaramente associate a una migliore salute mentale in entrambi, dalla prima adolescenza alla mezza età.

I risultati suggeriscono quindi che quanto prima e quanto più la relazione con il genitore si fondi su affetto, comprensione e supporto emotivo, tanto più spiccata sarà la probabilità che l’individuo goda di buona salute mentale in età adulta e mezza età.

Fonti:

Ping Chen, Kathleen Mullan Harris, Association of Positive Family Relationships With Mental Health Trajectories From Adolescence To Midlife. JAMA Pediatr. 2019

Immagine: Commission of family at the beach di Elisabeth Blaylock

Feticismo: l’attrazione esclusiva

Il tema delle perversioni ed, in particolare, del feticismo ha sempre rappresentato per me motivo di interesse oltre che di curiosità. Che un uomo – la donna molto meno – “scelga” un oggetto inanimato come stimolo erotico sostituendolo alla donna ha del misterioso.

Il disagio psicologico influisce sugli esiti della PMA?

L’infertilità va contro il naturale senso di realizzazione della coppia

Dare alla luce un figlio, e con ciò creare un nuovo nucleo familiare, rappresenta, nella maggior parte dei casi, il coronamento di un legame sentimentale. Fare i conti con una possibile rinuncia, di fronte a una diagnosi di infertilità, significa vivere una negazione lacerante, quanto più si fa intenso il desiderio di diventare genitori.

L’attacco di panico: se lo conosco (magari) lo supero

Il corpo grida ciò che le parole non riescono a dire. L’attacco di panico rappresenta una richiesta d’aiuto ad una situazione esistenziale che la persona vive con una forte preoccupazione, spesso accompagnata da una sensazione di impotenza. Si manifesta senza una ragione apparente e con una crescente e improvvisa escalation di ansia con sintomi cognitivi e somatici che vanno dalla sensazione di soffocamento alle vertigini, dall’aumento del battito cardiaco alle vampate di calore, dalla nausea alle vertigini fino alla paura di perdere il controllo o morire.

Nel corso di un attacco di panico la persona è oppressa da pensieri catastrofici e incontrollabili che gli riempono la mente fino a rendergli difficoltoso pensare lucidamente e fargli temere che tali sintomi siano veramente pericolosi. L’idea di essere agli esordi di una malattia non diagnosticata è comune e porta alla consultazione di un medico o il ricorso al pronto soccorso che il più delle volte rilascerà una diagnosi di attacco d’ansia.

I sintomi più comuni

  • aumento del battito cardiaco (tachicardia)
  • sensazione di calore diffuso e sudorazione
  • brividi di freddo e tremore
  • formicolio alle mani
  • difficoltà nella respirazione
  • senso di vertigine
  • nausea
  • aumento o diminuzione della pressione sanguinea
  • oppressione e dolore al petto
  • diminuzione del senso di realtà
  • paura di perdere il controllo
  • sensazione di stare sempre peggio e non riuscire a riprendersi
  • paura di morire

Come si manifesta?

L’attacco di panico non è preceduto da segnali, può avvenire in qualsiasi luogo e momento e questo ne aumenta il suo timore. E’ più frequente nelle donne sebbene gli uomini non ne siano certo immuni, si manifesta già dalla giovane età in concomitanza a periodi o momenti di forte preoccupazione o impegno intenso nello studio o nel lavoro. I segnali del suo arrivo coincidono con la sua presenza sempre più pervasiva, una forza perturbatrice che attraversa il corpo scuotendolo e impegna la mente paralizzandola.

Da cosa dipende?

Il verificarsi di una attacco di panico può essere favorito da un evento scatenante che lancia la persona verso sentimenti di forte preoccupazione in seguito all’inizio di una nuova esperienza, un cambiamento nella vita, un episodio traumatico, il modificarsi di alcune condizioni di lavoro, finanziarie o relazionali.  In poche parole una modificazione nella propria esistenza che genera una forte apprensione o anticipazione di fallimento.

Le conseguenze sulla vita

E’ possibile che una persona ne viva uno o due episodi nel corso della vita senza che ciò implichi la presenza di un disagio psicologico più complesso. Il ripetersi degli attacchi di panico, invece, può favorire la nascita della paura di ritrovarsi in situazioni di perdita di controllo inaspettate e improvvise che possono portate alla scelta di limitare le uscite e tutte quelle esperienze in cui l’attacco di panico può presentarsi. Si evitano le situazioni in cui si teme possa verificarsi e sarebbe difficilmente gestibile come ad esempio guidare in autostrada, viaggiare in treno, essere in luoghi chiusi dai quali non è facile uscire velocemente. Quando non si vuole ricorrere all’evitamento come strumento di controllo del proprio spazio di movimento si chiede di essere accompagnati per non rimanere da soli. Sono immaginabili le conseguenze in ambito sociale, lavorativo e sulla qualità della vita.

Come si supera?

L’attacco di panico rappresenta l’espressione di un disagio che ha cause non legate al momento ma ad una percezione di sé precaria, poco capace di affrontare le difficoltà. Per questo ogni trattamento farmacologico anche quando elimina il ripresentarsi di episodi di attacchi di panico, non affronta e non risolve la causa vera, il disagio psicologico che lo genera. Allo stesso modo non offre significativi vantaggi l’utilizzo di tecniche di rilassamento o lo yoga, visto che anche esse non vanno ad scoprire, affrontare e quindi superare le cause del disagio.

Potrà sembrare banale ma di attacco di panico non si muore, tanto vale non allarmarsi oltre il necessario ma viverlo, invece, come un vibrante temporale interiore che fa paura ma che passerà se non in alcuni secondi, sicuramente in pochi minuti. Questo modo di affrontarlo gli toglie forza e non peggiora le cose. I sintomi piano piano spariranno, la respirazione tornerà normale ed anche il battito cardiaco calerà.

Ma ciò indubbiamente non basterà a debellare il problema. Sarà infatti necessario andare a fondo e indagare le cause del disagio psicologico di cui l’attacco di panico è soltanto il grido d’aiuto, l’espressione fisica del malessere esistenziale. Uno psicoterapeuta preparato sarà sicuramente un buon alleato e accompagnerà la persona nel corso di un viaggio, non lungo, finalizzato a smascherare e superare le radici del malessere e scoprire nuove soluzioni e opportunità. Un percorso terapeutico che permetterà alla persona di fare riferimento alle proprie risorse e di scoprirne di nuove per affrontare ciò che, talvolta non consapevolmente, fa paura. Cambiare.

 

Immagine: Panic, Duane Kirby Jensen

 

I disturbi psicologici

I disturbi psicologici sono situazioni di forte disagio individuale identificabili con i sintomi di origine psicologica. Tuttavia, i disturbi psicologici interessano e si diffondono su tutto l’organismo. Le forme principali di psicopatologie sono il disturbo dell’ansia generalizzato, il disturbo di panico, il disturbo ossessivo- compulsivo, le fobie e la depressione. L’ansia è un’emozione che tutti hanno sentito nelle situazioni di pericolo oppure nei momenti stressanti (ad esempio prima di un esame). Piccole quantità di agitazione contribuiscono all’aumento dell’attenzione e all’attivazione neuro-fisiologica; questo ci aiuta a prepararsi e attivarsi nelle situazioni che richiedono specifiche reattività e quindi costituisce una specie di allerta funzionale alla persona. 

Cancro al testicolo e conseguenze sul benessere psico-sessuale

Tra le malattie che minacciano la vita, il cancro si pone come evento tra i più traumatici e stressanti. Poche altre malattie presentano così evidenti conseguenze sul benessere psico-sessuale, minacciando e interferendo sulla dimensione fisica, psicologica, esistenziale e relazionale. Molti studi, già a partire dagli anni settanta, hanno dimostrato la presenza di disagio psicologico sin dalla comunicazione della diagnosi. Quelli più frequentemente riscontrabili comprendono i disturbi dell’adattamento, i disturbi depressivi, i disturbi d’ansia, i disturbi psichiatrici su base organica, i disturbi psicotici e le disfunzioni sessuali. Relativamente all’area della sessualità, dalla letteratura emerge come, direttamente o indirettamente, il cancro ed il suo trattamento possono influenzare il desiderio, il piacere e le funzioni sessuali in un’ampia percentuale di pazienti. Ciò può avvenire sia nel momento della diagnosi, per il significato di minaccia alla sopravvivenza che essa rappresenta, sia al termine del trattamento a causa della profonda trasformazione nella valutazione del mondo e della propria posizione in esso (ruoli cambiati, incertezza sul futuro, alterazione dell’immagine corporea, timore di perdere rapporti importanti, problemi di lavoro o economici, possibili problemi di infertilità, ecc.).

La comparazione tra diversi studi che hanno indagato la relazione tra cancro e disfunzioni sessuali indica come esse tendano ad essere presenti, indipendentemente dalla sede del tumore e dalla distanza di tempo dalla diagnosi, sia nell’uomo che nella donna. E’ presumibile, però, che la loro incidenza vari a seconda della tipologia del cancro (malignità), della sua collocazione (organi della sfera genitale o meno), del trattamento utilizzato (intervento chirurgico, chemioterapia, radioterapia, ecc.) oltre che dalle caratteristiche psico-relazionali e socio-affettive, agli stadi di vita e al funzionamento sessuale precedente della persona.

Cancro al testicolo e implicazioni psico-sessuali

La prevalenza delle conseguenze psicologiche in pazienti affetti da cancro al testicolo sono state esaminate in diversi studi. Alcuni di questi hanno rilevato livelli di ansia, depressione e qualità della vita simili a quelli della popolazione generale. Altri hanno evidenziato, invece, livelli non sottovalutabili di disagio psicologico o rischio di svilupparlo: nello specifico hanno riscontrato non solo la presenza di sintomi ansiosi o depressivi ma anche cambiamenti dell’immagine corporea, dovuti all’impatto dell’orchiectomia, e modificazioni socio-relazionali. Uno studio sulla qualità della vita ha evidenziato come circa il 10% dei pazienti, anche dopo un lungo periodo di tempo dal trattamento, presentava difficoltà psicologiche quali ansia, depressione, fatica, e difficoltà relazionali. Recenti indagini, motivate dalla mancanza di informazioni circa il profilo psicologico di soggetti con cancro al testicolo che hanno richiesto la crioconservazione del liquido seminale, hanno valutato la prevalenza sia di disturbi dell’umore e hanno evidenziato la presenza di ansia e depressione in due terzi dei soggetti intervistati. I risultati ottenuti hanno spinto l’equipe medica a considerare la condizione psicologica del paziente come elemento fondamentale della diagnosi e quindi a migliorare il servizio offerto.

La particolare collocazione di questa tipologia di cancro e il ricorso all’orchiectomia, sebbene priva di particolari rischi e di facile esecuzione, fa emergere nel paziente una serie di problematiche che si riflettono sulla vita sessuale manifestando talvolta disfunzione erettile, disordini dell’eiaculazione, difficoltà dell’orgasmo, diminuzione del desiderio sessuale, diminuzione dell’attività sessuale e insoddisfazione sessuale: l’incidenza varia a seconda del trattamento associato all’intervento chirurgico e diminuisce con il trascorrere del tempo dal trattamento. 

Alcuni autori hanno sottolineato come l’informazione offerta al paziente riguardo al trattamento e il sostegno psicologico se è presente un disagio influenzino positivamente l’andamento post-trattamento e la qualità della vita del paziente. La consulenza psicologica pre-trattamento, finalizzata a predire lo sviluppo di futuri disagi, e post trattamento può dunque favorire una buona qualità della vita del paziente anche sotto il profilo sessuale. 

Un altro aspetto problematico è la capacità procreativa dopo il trattamento. Il tumore al testicolo, infatti, rende la possibilità di concepimento uno degli aspetti più importanti e delicati all’interno di tutto il tema della qualità della vita. Nel paziente neoplastico la funzione sessuale e riproduttiva può risultare alterata in modo diretto, come nel caso dei tumori che colpiscono gli organi riproduttivi come effetto secondario delle terapie chirurgiche, radianti, chemioterapiche e ormonali effettuate. Se l’implicazione è evidente e scontata nel trattamento chirurgico, non lo è altrettanto nei trattamenti farmacologici e radianti i cui effetti collaterali, in termini di interferenza con la fertilità, dipendono dalla dose, dal tipo di trattamento, ma anche dall’età del paziente. In generale si può affermare che nel maschio gli effetti collaterali delle terapie consistono in disturbi della produzione del liquido seminale e dell’eiaculazione. Il trattamento radiante a livello delle gonadi è potenzialmente responsabile della riduzione delle cellule germinali oltre che dell’alterata funzione endocrina.

Un altro problema da valutare, e che i pazienti si pongono, è quello del rischio di trasmettere particolari malattie alla progenie. Questo rappresenta un interrogativo che condiziona il desiderio di procreare in assenza di chiarimenti da parte del personale medico. A tale riguardo è interessante notare come, in uno studio con pazienti con tumore, non solo al testicolo, coloro che sono diventati genitori, diversamente da chi non ha avuto figli, hanno usufruito di maggiori informazioni, prima dei trattamenti, sulla possibilità di conservare il seme e in generale di discutere con i propri terapeuti le possibili implicazioni mediche associate alla procreazione. 

Questa disamina pone in evidenza come l’assenza di difficoltà sessuali ed una vita sessuale e relazionale soddisfacente precedentemente all’intervento rappresentino fattori di protezione contro l’insorgere di difficoltà sia sessuali che psicologiche. Da non sottovalutare anche l’importanza del sostegno della partner al momento della diagnosi e durante il trattamento. infatti, anche se un paziente dispone di un ottimo aiuto da parte di familiari ed amici, questo non può compensare la mancanza del sostegno fornito dal partner. Questo ruolo così speciale, cioè, non può essere vicariato da altre relazioni e la sua assenza può condizionare negativamente l’andamento del paziente alla malattia ed ai suoi reliquari

In conclusione, questa tipologia di cancro prevede un’alta percentuale di prognosi favorevoli e una bassa probabilità di generare infertilità. La presenza di una relazione significativa ed una soddisfazione sessuale al momento della diagnosi rappresentano fattori di protezioni contro l’insorgere di difficoltà psicologiche e/o sessuali. Appare comunque necessaria un’attività di consulenza e sostegno a queste coppie per limitare ulteriormente il disagio derivante dalla scoperta e dal trattamento del cancro al testicolo. Tale supporto si rende fondamentale per coloro che hanno una vita sessuale insoddisfacente al momento della diagnosi (anche per la presenza o meno di una disfunzione sessuale) o non abbiano una partner in grado di sostenerlo emotivamente ed affettivamente dalla scoperta della patologia alla sua completa risoluzione.

Eiaculazione ritardata o assente

L’eiaculazione ritardata consiste nell’incapacità della persona ad abbandonarsi al riflesso liberatorio dell’orgasmo. Esistono variazioni del quadro clinico per cui esistono casi in cui non è mai stato possibile raggiungere l’orgasmo magari anche in presenza di polluzioni notturne accanto ad altri la cui incapacità si manifesta solo al momento di eiaculare in vagina. La maggior parte dei pazienti presenta un comportamento che è compreso tra questi due estremi: sono capaci di rispondere adeguatamente all’autostimolazione in privato ma diventano completamente inibiti di fronte ad una donna.

Sextortion. Adescamento virtuale ed estorsione sessuale

Un fenomeno sempre più frequente quello denominato Sextortion, un termine composto dalle parole inglesi sex ed extorsion. In cosa consiste? Una giovane donna di belle sembianze ti contatta via Facebook oppure tramite applicazioni chat matchando il tuo profilo o chiedendoti l’amicizia. Ne rimani naturalmente catturato e inizi a chattare con domande comuni sul luogo di residenza, il lavoro, gli interessi.

Quello che le donne non dicono. Ovvero la donna ed i problemi di erezione del partner

Quante donne possono raccontare di essersi trovate di fronte ad una disfunzione erettile del proprio partner? Probabilmente molte e diversi saranno stati i loro vissuti. Quando insorge una difficoltà erettiva, indipendentemente che sia di natura psicologica o organica, le reazioni e le emozioni che investono una donna possono essere di diverso tipo. Andiamole a scoprire.

il timore di esserne la causa: quando insorge una difficoltà erettiva nella coppia il disagio emotivo che ne deriva è vissuto anche dalla donna, spesso in modo così profondo da poter compromettere la propria autostima. Il timore di una femminilità diminuita, di essere poco interessante agli occhi del proprio uomo sono le paure che più tipicamente emergono. Ad esse potranno seguire timori di essere tradita o, peggio ancora, abbandonata. In altri casi la donna può vivere rabbia e frustrazione per l’impossibilità all’incontro sessuale e attribuisce ogni responsabilità al partner aspettandosi che lui affronti quanto prima il problema.

– La consapevolezza di una difficoltà dell’uomo è tipica di quelle donne che hanno un buon rapporto con la propria sessualità e riconoscono un episodio di difficoltà nell’uomo come il segnale di un disagio emotivo o relazionale in lui. È il caso dei primi rapporti, quelli che avvengono all’inizio della relazione e che possono essere vissuti dall’uomo come una prova da sostenere per essere accettati e scelti.

– Il dubbio sulla compatibilità e intesa sessuale tra due persone che si sono conosciute da poco e che, anche attraverso l’intimità cercano di comprendere se si è fatti per l’altro e viceversa. Siamo disponibili ad accettare l’idea che non sia possibile essere compatibili con chiunque ma quando capita di “non trovarsi” a letto la frustrazione è tanto più forte quanto più siamo interessati all’altro. In queste situazioni la donna non attribuisce a sé né al partner la responsabilità del problema ma alla fatalità o ad un disegno del destino. Alcune volte può affidarsi a questo segno ed abbandonare la relazione. Altre volte, fortemente interessata al partner, dimostra comprensione e disponibilità a metterlo a proprio agio confidando che, nel tempo, la coppia raggiunga una buona intesa sessuale.

– La liberazione dal dover assecondare una esperienza non desiderata non è un vissuto molto frequente ma esistono relazioni all’interno delle quali la donna, per scarso interesse sessuale, per insoddisfazione, per difficoltà nei confronti del sesso, per perdita del desiderio dovuta a diversi motivi vive il venire meno della sessualità come un modo per uscire da una dinamica di oppressione o, quantomeno, di aspettativa e richiesta da parte del partner. L’emergere di una disfunzione erettile solleva dal dover fingere il classico mal di testa o rimandare per stanchezza, impegni o scarsa voglia. In queste relazioni l’aspettativa della donna è rivolta ad una relazione di serena convivenza dove la fisicità non è più necessaria se non relegata ai gesti affettivi quali l’abbraccio o le coccole.

– La diminuzione del controllo di un partner infedele può essere favorita dall’emergere di un problema erettivo dal momento che non potendo più avere rapporti sessuali, almeno finché non ha iniziato un trattamento, eviterà di rivolgere le proprie attenzioni sessuali ad altre donne. In questa situazione la donna vive il problema come una soluzione alla crisi relazionale: la malattia dell’altro potrebbe favorire il ritorno alle attenzioni verso di lei, quelle attenzioni che riceveva e che, nel tempo, sono state dirottate altrove. Oltre a ciò, la DE può rappresentare un fattore protettivo verso una possibile separazione visto che un uomo con questo problema difficilmente si proporrebbe ad un’altra donna.

Le conseguenze sulla coppia

In questa fase la sessualità subisce delle modificazioni che potranno influire sulla qualità generale della relazione. Il timore di incorrere in un episodio fallimentare porterà entrambi i partner a vivere la sessualità come una situazione deludente e frustrante con la conseguente diminuzione della motivazione all’incontro intimo. Questo atteggiamento va anche nella direzione della salvaguardia della propria identità e autostima sessuale.

L’iniziativa sessuale, di conseguenza, vedrà una diminuzione così come la frequenza degli incontri e con essi anche tutte quelle occasioni che favorivano, che rappresentavano l’antipasto dell’erotismo come fare la doccia insieme, svestirsi di fronte all’altro o girare semplicemente nudi per casa.

Anche l’abbraccio e la vicinanza fisica a scopo affettivo possono essere vissuti come minacciosi e di conseguenza limitati per il timore di mettere l’uomo a disagio. Il letto, luogo dell’incontro amoroso per eccellenza, viene vissuto come lo spazio del possibile fallimento e quindi evitato nei momenti che prima venivano condivisi e cercati. La donna si attarda in bagno e raggiunge l’uomo a letto dopo che si è addormentato. L’uomo attende alla tv che la donna vada a letto e la raggiunge quando pensa si sia addormentata.

Anche la comunicazione erotica tra i partner e con i conoscenti subisce dei cambiamenti. Le battute sul sesso ed i discorsi sull’erotismo vengono evitati perché rimandano alla propria situazione di insoddisfazione, incertezza e tristezza.

Quando la sessualità non è completamente compromessa è presente un alto livello di sorveglianza circa ciò che si realizza. La donna, ma anche l’uomo, sarà concentrata sul pene chiedendosi se avrà un’erezione e se questa si manterrà. Questa preoccupazione influirà sull’esperienza comportando una difficoltà all’eccitamento con diminuzione della lubrificazione e del piacere ed una possibile difficoltà a raggiungere l’orgasmo.

Inutile dire che sarà la qualità della relazione oltre alle capacità personali a influire sulle sorti del problema insorto. Le coppie che potranno fare affidamento su una buona intesa sessuale precedente all’insorgenza del problema ed a una buona qualità della comunicazione affronteranno il disagio in tempi brevi e insieme. Altre metteranno in atto modalità in linea con la tipologia della relazione sentimentale e sessuale.

Come la donna può aiutare l’uomo a superare il problema

Come è logico prevedere se la difficoltà dell’erezione insorge all’interno di una coppia con una buona qualità della vita sessuale gli effetti emotivi saranno comunque visibili ma la coppia non abbandonerà la sessualità. Ciò che ci aspettiamo, infatti, è che una coppia che annovera il gioco erotico attraverso i preliminari piuttosto che soltanto la penetrazione, non abbandona l’attività sessuale ma la ridimensiona nel periodo degli accertamenti clinici. Lo stesso dicasi per la presenza di un clima sessuale collaborativo, con complicità e reciprocità. La DE, infatti, può rappresentare una brusca frenata nel percorso verso il piacere ma momentanea perché la motivazione di entrambi a ritrovare quanto prima l’erotismo come spazio di piacere condiviso li spingerà a chiedere aiuto quanto prima.

Il contributo della donna è fondamentale sia in questi casi, diciamo così, più fortunati, che nelle situazioni che accadono più spesso. È importante che la donna non si chiuda in una dimensione di isolamento spinta dalla rabbia per l’accaduto o per il senso di impotenza o vissuti di colpa.

Colpevolizzare sé stesse attribuendo al proprio corpo non più attraente o alla propria diminuita capacità eccitatoria complica sicuramente la possibilità di una evoluzione positiva. Alla donna si chiede quindi lo sforzo di andare oltre la propria paura di essere causa così da incoraggiare il partner ad affrontare la situazione per il benessere di entrambi.

Molto spesso accade che sia proprio la donna a spingere l’uomo ad affrontare un problema che tanto lo tocca ma altrettanto lo imbarazza al punto da portarlo a rimandare continuamente il primo contatto con un professionista oppure sottovalutare il problema rassicurando la partner circa una naturale risoluzione che difficilmente si realizzerà.

Le modalità che la donna utilizza possono variare da una semplice domanda sulle spiegazioni che l’uomo attribuisce all’accaduto al comunicare la propria preoccupazione verso uno stato di salute che sarebbe bene approfondire, dall’evidenziare l’importanza per la coppia di una sessualità soddisfacente a quella che chiamo la strategia dell’out out, non così rara nella mia esperienza e che consiste nel mettere il partner alle strette dopo innumerevoli richieste di prendere un appuntamento con un professionista: “O fai qualcosa o ti lascio”.

L’apporto della donna è fondamentale anche nella fase diagnostica e terapeutica. La sua presenza durante le visite mediche ed i colloqui psico-sessuologici, quando l’uomo è favorevole, può permettere al professionista di comprendere meglio la storia sessuale all’interno della quale il disturbo si inserisce, le eventuali motivazioni psicologiche e relazionali alla base del disagio sessuale, far emergere un possibile conflitto di coppia in atto, favorire l’aderenza dell’uomo alla terapia e partecipare attivamente al processo terapeutico con le proprie risorse personali di donna e partner.

In ogni caso è fondamentale valutare le aspettative terapeutiche della donna in modo che non venga proposta una terapia che lei non riconosce e che quindi non sosterrà con la conseguenza di lasciare l’uomo da solo durante il percorso. Ciò influirebbe negativamente sulla fiducia verso la propria partner oltre a modificare l’aspettativa di collaborazione e aiuto tipici di una coppia che si ama ed è disponibile ad affrontare la vita, nel bene e nel male, insieme.

Imamgine: Romantic Couple by Aditi Mitra

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