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Archivio annuale Aprile 8, 2020

Uso di cannabis e problemi di erezione

La disfunzione erettile (DE) è il disturbo sessuale maschile più comune ed esistono meccanismi plausibili che collegano l’uso della cannabis alla DE. I dati emersi da diversi studi suggeriscono che la DE sia il doppio nelle persone che usano cannabis rispetto a chi non la usa. 

Si evidenzia cioè una maggiore prevalenza di DE nei consumatori di cannabis (oltre i due terzi) con un rapporto di probabilità quattro volte maggiore di DE nei consumatori di cannabis rispetto a chi non ne fa uso. Questi risultati sono stati caratterizzati da un’elevata eterogeneità suggerendo che esistono alcune differenze nell’associazione tra uso di cannabis ed DE.

Considerando che le cause della disfunzione erettile possono essere psicologiche, organiche o più comunemente un mix di entrambe, diverse ipotesi possono spiegare questo risultato. Uno dei possibili meccanismi è attribuito al sistema endocannabinoide attraverso il legame dei recettori nel nucleo paraventricolare dell’ipotalamo che regola la funzione erettile e il comportamento sessuale dei maschi.

Questo meccanismo potrebbe anche spiegare perché la cannabis può migliorare la funzione sessuale in alcuni pazienti affetti da condizioni o sintomi come depressione, disturbo d’ansia e dolore.

L’uso di cannabis è associato a un’attività sessuale precoce e più frequente, con partner sessuali multipli e occasionali, un uso contraccettivo non adeguato e diagnosi di infezioni sessualmente trasmissibili.

Ad oggi non sono molti gli studi che hanno analizzato la relazione ma considerando l’elevata prevalenza del consumo di cannabis e i potenziali effetti dannosi sulla salute sessuale e generale degli uomini, è necessario aumentare e migliorare le conoscenze su questo argomento.

Bibliografia:

Pizzol D, Demurtas J, Stubbs B, Soysal P, Mason C, Isik AT, Solmi M, Smith L, Veronese N. Relationship Between Cannabis Use and Erectile Dysfunction: A Systematic Review and Meta-Analysis. Am J Mens Health. 2019 Nov-Dec;13(6

Uso di cannabis e sessualità femminile

Entrambi i cannabinoidi esogeni come il tetraidrocannabinolo (THC) e i cannabinoidi endogeni (endocannabinoidi) hanno dimostrato di influenzare le vie delle gonadotropine femminili e la sessualità femminile. Tuttavia la comprensione dei meccanismi e degli effetti sulla funzione sessuale femminile è limitata.

Non esiste una ricerca approfondita sugli effetti della marijuana sulla funzione sessuale a causa dell’illegalità della droga. In questo articolo si riporta una sintesi degli studi fino ad oggi pubblicati che valutano gli effetti dei cannabinoidi sulla funzione sessuale femminile. 

Alcuni di questi sono stati pubblicati per supportare l’ipotesi che la funzione sessuale femminile è migliorata quando le donne usano marijuana a dosi moderate.

Diversi studi hanno valutato gli effetti della marijuana sul desiderio sessuale e sembra che i cambiamenti nel desiderio possano dipendere dalla dose. Gli studi sostengono che dosi più basse migliorano il desiderio, ma dosi più elevate riducono il desiderio o non influenzano affatto il desiderio. 

Nel valutare il piacere sessuale, la maggior parte degli studi mostra che la marijuana ha un effetto positivo. L’uso della marijuana nel sesso è stato anche associato al prolungamento dell’orgasmo o al miglioramento della qualità dell’orgasmo

Non si esclude un  miglioramento della lubrificazione vaginale, con un effetto sul flusso sanguigno vaginale.

Bibliografia

Lynn BK, Lopez JD, Miller C, et al. The relationship between marijuana use prior to sex and sexual function in women. Sex Med 2020;7:192-197.

 

Immagine: Woman Smoking Marjiuana

Dieta alimentare e salute sessuale maschile

E’ sempre più evidente l’impatto delle diverse diete sulle malattie croniche. E’ in corso oggi un crescente interesse volto a stabilire l’associazione tra le varie diete, la salute e la disfunzione sessuale negli uomini. Quali sono i possibili ruoli che le diete e gli schemi dietetici svolgono nelle disfunzioni sessuali con particolare attenzione alla disfunzione erettile? Un disturbo sessuale che colpisce principalmente gli uomini in età avanzata.

L’obesità negli adulti è aumentata in proporzioni epidemiche negli ultimi decenni e si riscontra una associazione tra questa e una moltitudine di rischi per la salute tra cui l’aumento della mortalità, delle malattie cardiovascolari, del diabete mellito di tipo 2 e di alcuni tumori.

Gli uomini con diagnosi di sindrome metabolica hanno un aumento dei rischi di malattie cardiovascolari, diabete mellito di tipo 2 e mortalità per qualsiasi causa. I cambiamenti dello stile di vita tra cui diete sane e aumento dell’attività fisica sono il pilastro nella prevenzione e nella gestione dell’obesità e della sindrome metabolica.

Poiché esistono prove crescenti a sostegno dell’associazione di obesità e sindrome metabolica con la funzione sessuale maschile come l’ipogonadismo, l’infertilità e la disfunzione erettile, si può asserire con una certa probabilità che i fattori dietetici giochino un ruolo nella funzione sessuale maschile.

DIETE POPOLARI

Dieta occidentale

Una dieta occidentale è generalmente ricca di carni rosse e trasformate, latticini, cereali raffinati, dolci trasformati e artificiali, sale, un consumo minimo di frutta, verdura, pesce e cereali integrali. La dieta occidentale, a causa della sua natura prevalentemente trasformata, è sempre più economica e relativamente facile da reperire a causa dell’industrializzazione e della globalizzazione.

Ci sono sempre più prove che convalidano i danni alla salute della dieta occidentale. L’adesione a una dieta occidentale è stata associata ad un aumento dei rischi di mortalità totale e di malattie multiple tra cui malattie cardiovascolari, obesità, sindrome metabolica, ictus, malattie renali croniche, del colon e della prostata.

Dieta mediterranea

La dieta tipica mediterranea comprende pesce, grassi monoinsaturi dell’olio d’oliva, frutta, verdura, noci, legumi e cereali integrali. Questa dieta ha guadagnato popolarità negli ultimi decenni grazie ai crescenti benefici per la salute dimostrati in diversi studi.

In particolare si evidenzia che l’adesione a questa dieta riduce i rischi di morbilità generale e mortalità per malattia coronarica e ictus, ma anche una minore incidenza di importanti eventi cardiovascolari oltre una minore incidenza di diabete mellito di tipo 2 e di sindrome metabolica.

Inoltre, si evidenzia una minore incidenza globale di cancro, malattie neurodegenerative e diabete. La dieta mediterranea presenta quindi molti vantaggi e non si conoscono, ad oggi, eventuali rischi per la salute legati alla sua adozione.

Dieta Paleolitica

Sebbene la dieta paleolitica, nota anche come dieta Paleo, sia la dieta umana ancestrale dei cacciatori-raccoglitori prima della rivoluzione agricola dell’era moderna, è stata recentemente ripresa grazie a studi che riportano benefici per la salute alla sua adozione.

La dieta consiste nell’assunzione di carni magre, cibi a base vegetale, frutta, noci e verdure e un consumo limitato di latticini, cereali, zucchero e sale. Il suo utilizzo favorisce la riduzione del rischio nella mortalità specifica per tutte le cause e per le malattie cardiovascolari, sindrome metabolica e  adenomi colorettali.

Come per la dieta mediterranea, i benefici per la salute sono chiari con la dieta Paleo, e non si conoscono rischi per la salute ad ad essa associati.

Diete vegetariane e vegane

La dieta vegetariana è caratterizzata dall’assenza di prodotti di origine animale, in particolare carne rossa, con conseguente riduzione del consumo di grassi saturi e colesterolo.

La dieta vegetariana può anche essere sottocategorizzata in pesco-vegetariano (assenza di tutti i prodotti animali eccetto i pesci), latto-ovo-vegetariano (assenza di tutti i prodotti animali tranne uova e latticini), ovo-vegetariano (assenza di tutti i prodotti animali tranne le uova) e vegano (assenza di tutti i prodotti di origine animale).

Una moltitudine di benefici per la salute derivano dal consumo di una dieta vegetariana. La letteratura, descrive una minore mortalità per cardiopatia ischemica e una minore incidenza globale di cancro nei vegetariani rispetto ai non vegetariani.

Studi che hanno esaminato l’effetto della carne rossa, o trasformata, sugli esiti sanitari hanno dimostrato un aumento del rischio di mortalità totale, mortalità per malattie cardiovascolari, mortalità per cancro, diabete mellito di tipo 2 e carcinoma esofageo, gastrico, del colon-retto, della prostata e della vescica.

Poiché i vegetariani evitano il consumo di carne rossa o trasformata, la dieta vegetariana presumibilmente diminuisce i rischi per la salute associati alla carne rossa.

Vegetariani e vegani possono sviluppare carenze di proteine e vitamine (calcio, B12, ferro, acidi grassi u-3), che possono essere prevenute con un attento monitoraggio della loro dieta e integrazione.

Tabella 1

dieta

benefici

rischi

Occidentale

Relativamente conveniente e facile da ottenere Aumenta il rischio di mortalità totale, malattie cardiovascolari, obesità, sindrome metabolica, ictus, malattie renali croniche e carcinoma mammario, del colon e della prostata

Mediterranea

Riduzione del rischio di: mortalità generale, malattie cardiovascolari e coronariche, incidenza globale di cancro, malattie neurodegenerative, diabete e sindrome metabolica Sconosciuti

Paleolitica

(Paleo)

Riduce il rischio di mortalità per tutte le cause e per le cause specifiche di malattie cardiovascolari, sindrome metabolica e adenomi colorettali Sconosciuti

Vegetariana e vegana

Abbassa il rischio di cardiopatia ischemica, diabete e la mortalità per cancro generale, alla mammella, carcinoma esofageo, gastrico, colorettale, prostatico e vescicale Potenziali carenze di proteine e vitamine (calcio, B12, ferro e acidi grassi

 

DIETA E SALUTE DEGLI UOMINI

Dieta e disfunzione erettile

Gli individui con rischi cardiovascolari hanno una maggiore prevalenza di disfunzione erettile e la fisiopatologia di questo problema sembra condividere percorsi con la malattia aterosclerotica.

La dieta ha dimostrato di avere un ruolo importante nella riduzione del rischio di malattie cardiache, quindi è ragionevole presumere che la dieta possa avere un ruolo nella disfunzione erettile.

La relazione tra dieta e disfunzione erettile è stata esaminata in diversi studi i quali hanno associato una maggiore adozione alla dieta mediterranea o ai componenti di una dieta mediterranea (frutta, verdura, noci, e grassi monoinsaturi) a una prevalenza inferiore di disfunzione erettile.

La letteratura attuale suggerisce che la dieta mediterranea migliora la disfunzione erettile a breve termine e riduce il deterioramento della funzione erettile a lungo termine.

Inoltre, la perdita di peso negli uomini in sovrappeso o obesi attraverso cambiamenti nello stile di vita, comprese le diete ipocaloriche, sembra migliorare la loro funzione erettile.

In conclusione gli studi internazionali sembrano dimostrare che gli uomini con stili di vita più sani possono avere un migliore mantenimento della funzione erettile.

Bibliografia

La J., Roberts NH., Yafi FA., Diet and Men’s Sexual Health. Sex Med Rev 2018; 6: 54-68.

Immagine: Cabbage Soup Diet by Lina Scarfi

Non lasciarmi mai, dipendo dal tuo cuore

Quella affettiva è una delle dipendenze meno tangibili: la persona non è dipendente da una macchina, dalla bottiglia o da una droga; dipende da un cuore, da una speranza, da una presenza. Quando l’essere umano amato scompare, il dipendente affettivo si ritrova in piena astinenza e in balia dei flutti: tutto il suo essere è alla deriva, in un’angoscia emotiva che gli fa vivere il martirio.

La persona dipendente non è assolutamente in grado di uscire da una relazione anche se ammette che la relazione stessa è senza speranza, insoddisfacente, umiliante e spesso autodistruttiva. Inoltre, sviluppa una vera e propria sintomatologia come ansia generalizzata, depressione, insonnia, inappetenza, malinconia ed idee ossessive.

La dipendenza affettiva è una modalità relazionale in cui la persona si rivolge continuamente agli altri per essere aiutata, guidata, sostenuta. La persona dipendente, avendo una scarsa fiducia in sé stessa, fonda la propria autostima sulla rassicurazione, sull’approvazione altrui ed è incapace di prendere decisioni senza incoraggiamento esterno. E’ una inclinazione a delegare parti significative della propria personalità ad altri in cambio di una garanzia affettiva e di una rassicurazione.

È una condizione di assoluta dedizione all’altro che determina la progressiva riduzione dei propri spazi d’indipendenza, implica il disinteresse per tutto quanto non riguardi l’oggetto d’amore e la chiusura nel rapporto di coppia. Chi soffre di questa forma di dipendenza vive come pericolo ogni altro rapporto ed è ossessionato dall’idea di perdere il partner.

L’allontanamento temporaneo della persona amata causa un’enorme sofferenza e, in alcuni casi, eccessi di gelosia, che possono sfociare in violenza fisica o verbale, o in episodi depressivi. Chi è affetto da dipendenza affettiva non riesce a cogliere ed a beneficiare dell’amore nella sua profondità ed intimità. Al contrario quello che ricerca è un piacere immediato, l’alleviamento di una tensione o il superamento di un’insicurezza. Una volta raggiunto l’appagamento, esso risulta così tranquillizzante, liberatorio che si ha voglia di rivivere e innescare tutto il percorso. Il partner, i sentimenti e la relazione in sé vengono vissuti come oggetti di piacere immediato.

Chi è la persona con dipendenza affettiva?

La persona con dipendenza affettiva presenta una scarsa autostima e fiducia in sé stessa. Convinta di non meritare di essere amata, vive costantemente nella paura di non piacere, teme la solitudine, accetta di fare qualunque cosa per l’altro anche se questa va contro i suoi valori. Un complesso di inferiorità che induce la persona ad asservirsi e, talvolta, a tollerare l’intollerabile per conservare quel poco d’amore che è riuscita a strappare. Giacché fa fatica a porre dei limiti, nutre una paura viscerale di essere abbandonata. La sua libertà viene delegata a qualcun altro. Si mette sotto la tutela di questo il quale acquisisce un forte potere. Troppo occupata a ricercare fuori di sé ciò che crede di non trovare dentro, la persona si interessa poco a sé stessa fino a negare la propria identità ponendo la responsabilità della propria vita nelle mani di terzi rendendolo spettatore della propria esistenza.

La caratteristica prevalente di queste persone sembra essere una costante sfiducia in sé stessi ed una percezione di una enorme insicurezza personale e sociale. Permettono passivamente che gli altri dirigano quasi completamente la sua vita e non avanzano richieste per timore di compromettere queste relazioni considerate probabilmente protettive, delle vere e proprie ancore di salvezza. Si manifesta inoltre una difficoltà a prendere decisioni importanti; tipica la richiesta di continue ed eccessive rassicurazioni a persone significative. Questa caratteristica non rende le persone dipendenti in grado di prendersi cura di sé stesse senza che sia qualcun altro a farlo. Si considerano inadeguati ed indifesi e, pertanto, si potrebbero percepire come incapaci di affrontare il mondo e la vita con le proprie forze. Ricercano in genere relazioni strette soprattutto con qualcuno che sembra in grado di affrontare la vita, che li protegga e che si prenda cura di loro. Cedono, in altri termini, le proprie responsabilità in cambio di cure. Pur di compiacere l’altro significativo ed evitare il conflitto evitano ogni forma di controversia. Nel caso in cui la relazione dipendente finisse potrebbe esserci una sorta di sentimento di disgregazione con tendenza alla depressione e, l’unica alternativa, sembrerebbe essere trovare quasi immediatamente una sorta di rimpiazzo, una figura affiliativa nuova con cui ristabilire un legame appunto dipendente.

Alle origini della personalità dipendente c’è una famiglia deficitaria

Che si tratti di esperienze di rifiuto nel cortile della scuola, di umiliazioni subite da pari, di un ambiente familiare carente, di esperienze reali o temute di abbandono, è chiaro che il bambino è un essere molto vulnerabile e permeabile a diverse ferite. Forse il modo migliore per arrivare a capire il significato della dipendenza affettiva è riconoscere che in alcuni tipi di famiglia i bisogni emotivi non vengono riconosciuti. Bisogni emotivi che non sono solo il bisogno d’amore e di affetto ma accettazione e convalida delle percezioni e dei sentimenti che non possono essere ignorati.

La dipendenza affettiva deriva da diversi fattori, di cui il principale è un ambiente familiare deficitario. In questo tipo di famiglia, per la maggior parte del tempo, non vi è interazione fra figli e genitori. L’essenziale di ciò che viene trasmesso sono messaggi, verbali e non verbali, negativi. I bambini cresciuti in queste famiglie non acquisiscono un’autonomia affettiva, divengono incapaci di stabilire relazioni interpersonali stimolanti a partire dalle proprie risorse. Da adulti cercheranno l’approvazione e la valorizzazione per fondare la stima di sé, ambiranno a legami affettivi con persone che le ammireranno e gli permetteranno di svelare qualità proprie e risorse nascoste.

I bambini, i cui bisogni d’amore rimangono non riconosciuti, possono adattarsi imparando a limitare le loro aspettative. Questo processo di limitazione può portare al formarsi di pensieri del tipo: “i miei bisogni non contano” o “non sono degno di essere amato”. Da adulti dipenderanno dagli altri per quanto concerne la cura di se stessi e la soluzione dei loro problemi, temono di essere respinti, rifuggono il dolore, non hanno fiducia nelle loro abilità e si giudicheranno persone non degne d’amore. Ricerche condotte sul rapporto tra attaccamento infantile, adulto e dipendenza rilevano la provenienza dei soggetti dipendenti da famiglie con figure parentali iperprotettive o autoritarie il cui clima interno, carico di ansia, trasmette un messaggio di pericolosità e di perdita affettiva al bambino riguardo l’autonomia e l’esplorazione del mondo.

Come uscire dalla dipendenza affettiva

L‘obiettivo del processo terapeutico è rappresentato dall’acquisizione di consapevolezza puntando poi sulla riscoperta, sulla conoscenza di sé, lavorando sui livelli affettivi, sul proprio vissuto, ma soprattutto sul proprio potenziale emotivo. E’ la scoperta di una fragilità che coesiste con una forza in grado di permettere la visione del sé reale e la capacità di poter migliorare la propria vita, riconoscendo le costrizioni subite ed aprendosi a nuove possibilità di scelta. E’ un lavoro di piccoli passi esclusivamente sui propri sentimenti e pensieri per mettere confini tra sé e gli altri. Questo processo guida la persona ad una maggiore comprensione di sé abbandonando un atteggiamento ipercritico e controllante. Aiuta a staccarsi dai modelli ricevuti per aderire nella vita ai propri valori. Infine vi è l’assunzione su se stesso del proprio benessere.

Nel corso della terapia, qualunque sia l’indirizzo teorico, un terapeuta e un paziente dipendente sperimentano sempre l’avvicinamento e l’allontanamento, la sicurezza e l’insicurezza. La capacità di tollerare la mancanza, la delusione, l’abbandono. Il vuoto sarà messo alla prova, ad esempio, da una domanda lasciata senza risposta, da un silenzio pesante e angosciante, dal ritardo di un appuntamento, da un’assenza imprevista, da una seduta finita in modo frustrante, da una stasi difficile da accettare, dal mancato raggiungimento di un obiettivo. Solo così facendo il paziente sarà in grado di lavorare sulla propria capacità di controllare e di dominare le paure, di fidarsi senza lasciarsi andare completamente alla passività, di concedersi di sperimentare delle soluzioni imperfette per evitare impossibili idealizzazioni: in pratica di comportarsi un po’ meno peggio e di non convincersi di stare per annegare perché il mare è un po’ mosso.

Il percorso di guarigione è essenzialmente una via che permette di riprendere il controllo della propria vita. Controllo che possiamo esercitare prendendo coscienza dei propri bisogni e del proprio valore. E il miglior modo per farlo è quello di cambiare il destinatario della nostra generosità. Non si tratta di diventare egoisti ma, al contrario, di dimostrare equilibrio nei confronti di sé stessi e degli altri. Il suo apprendistato principale sarà l’autonomia che si trova all’altra estremità nello spettro della dipendenza affettiva. Dove essere autonomi non significa solo rispondere ai propri bisogni ma essere in grado di percepirli, di rimanere all’ascolto di sé, dei propri pensieri, di ciò che è importante, dei propri principi e di ciò che è veramente motivante. Invece di rimanere paralizzato dalla paura dell’abbandono, il dipendente affettivo dovrà correre dei rischi, osare e agire in prima persona là dove c’è movimento, cambiamento. Sperimentare così nuovi modi di essere, vedrà cose che non conosce, reagirà in maniera diversa e abbandonerà i sentieri battuti. Scegliere l’autonomia significa andare da qualche parte senza aspettare il permesso di qualcuno, significa prendere le proprie decisioni ed avere il coraggio di assumersene le responsabilità. Scegliere, osare, agire, farsi carico. E’ così che si riprende il controllo della propria vita.

Bibliografia

Deetjens M.C., Dire basta alla dipedenza affettiva. Imparare a credere in se stessi. Ed. Il Punto d’Incontro, Vicenza, 2006

Galimberti U., Dizionario di psicologia, Garzanti, Milano, 2006

Ghezzani G., quando l’amore è una schiavitù. Come uscire dalla dipendenza affettiva e raggiungere la maturità psicologica. Franco Angeli, Milano, 2006

Guerreschi C., La dipendenza affettiva. Ma si può anche morire d’amore? Franco Angeli, Milano, 2011

Valcarenghi M., Senza di te io non esisto. Dialogo sulla dipendenza amorosa. Bur Rizzoli, 2009

Immagine: Greatest Love (particolare)

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